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Il nucleo di una buona strategia

Il nucleo di una buona strategia — secondo Rumelt — è un mosaico semplice e potente: diagnosi, linee guida e azioni coordinate.

Diverse volte, le aziende più impegnate — quelle che fatturano, innovano, parlano di crescita — scoprono di essere anche le più confuse. Contenuti, obiettivi, visione riempiono le slide. Ma manca un filo logico che le tenga insieme. Ed è in questo gol di distrazione che la strategia diventa fumo: tante frasi altisonanti, ma senza struttura interna.

Con Rumelt capisci che la strategia non nasce dalla motivazione, ma dall’analisi: prima decifrare il problema, poi decidere la direzione, infine tradurla in azioni concrete e coerenti. Il cuore di ogni proposta vincente — in azienda come in politica, in guerra come nel marketing — è vedere il punto di forza dove gli altri vedono soltanto caos.

Immagina un’impresa come un campo: pieno di semi, possibilità, ma anche di erbacce e zone invivibili. La diagnosi serve a distinguere, selezionare e liberare terreno. Le linee guida sono il disegno che orienta: non dettagli isolati, ma un solco di coerenza. Infine, le azioni: pochi gesti focalizzati, in sequenza, che trasformano quel disegno in una traccia visibile e reale.

In una buona strategia:

  • la diagnosi è la capacità di leggere il problema vero, senza fermarsi al sintomo;
  • le linee guida sono il principio attivo delle scelte: decidono cosa ha senso perseguire e cosa no;
  • le azioni coordinate sono le forze che trasformano la visione in risultati concreti, riducendo la dispersione.

🔹 Il caso IBM: la strategia che nasce da una diagnosi disobbediente Quando Lou Gerstner arrivò in IBM, trovò una nave in piena deriva: la cultura interna era ancora quella di un monopolista, ma il mercato stava cambiando. Tutti consigliavano di smembrare l’azienda in unità separate, più agili. Ma Gerstner partì da una diagnosi diversa: il vero problema non era la lentezza, ma la perdita di valore integrato. IBM non era una somma di pezzi, era un sistema. E il suo vantaggio competitivo era proprio quello: la capacità di offrire soluzioni complete, non frammentate.

Da questa lettura diversa emerse una strategia semplice, forte, focalizzata. Linee guida chiare: integrazione, servizio, centralità del cliente. Azioni coerenti: nuova formazione interna, riorganizzazione, comunicazione identitaria. Il risultato? IBM non fu smantellata, ma rilanciata come piattaforma integrata. Non è solo una lezione di management. È la potenza della strategia pensata bene.

🔹 Il caso Apple: la strategia è scegliere, senza nostalgia Quando Steve Jobs rientrò in Apple nel 1997, l’azienda aveva decine di prodotti, ma nessuna direzione. La diagnosi fu chirurgica: “Abbiamo perso il focus. Dobbiamo dire no a mille cose.” Le linee guida furono: semplicità, design, esperienza utente. Le azioni? Azzerare il superfluo, puntare tutto su quattro prodotti, comunicare come una cultura e non come un brand.

Il resto è storia nota. Ma ciò che conta è il nucleo: diagnosi vera, linee guida essenziali, azioni decise. Rumelt direbbe: strategia buona, perché logica, onesta, coerente.

In Metis partiamo sempre da qui. Non promettiamo soluzioni rapide, non inseguiamo mode: ci sediamo accanto all’imprenditore, ascoltiamo, leggiamo la realtà con occhi strategici. E poi, insieme, costruiamo linee guida operative, concrete, misurabili. Perché se la strategia è solo un elenco di buone intenzioni, resta sulla carta. Ma se nasce da una diagnosi profonda, allora diventa guida. E fa la differenza.

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Nicola Parrinello

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